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Recensione: Edgar Allan Poe - The Horror Gamebook

Aggiornamento: 1 giu


Non potevo non iniziare questa recensione senza dirvi che ho AMATO alla follia questo librogame.

Valentino Sergi, di Officina Meningi, dopo la serie The Necronomicon Gamebook dedicata alle opere di H.P. Lovecraft, A. Bierce e R.W. Chambers (qui trovate la recensione), torna ad omaggiare un altro grande autore, maestro della letteratura americana del gotico e dell'orrore, Edgar Allan Poe.

In questo librogame sono inclusi in un unico magistrale intreccio alcuni fra i suoi racconti più conosciuti: Re Peste (1835), La Caduta della Casata di Usher (1839), Il Pozzo e il Pendolo (1842), La Maschera della Morte Rossa (1842), Il Cuore Rivelatore (1843), Il Gatto Nero (1843), La Sepoltura Prematura (1844) e il poema Il Corvo (1845).

Finanziato anche stavolta da una fortunatissima campagna Kickstarter, il librogame è disponibile in versione cartacea e digitale, anche stavolta sia in italiano che in inglese. Le illustrazioni sono ad opera di Francesco Corli, giovane artista più volte premiato ai contest organizzati da Lucca Comics & Games. Hanno contribuito Moreno Paissan, per le mappe ed i simboli, e Isacco Saccoman per la grafica e l'impaginazione. La prima parte del'opera intitolata "Il Pozzo e il Pendolo" è stata pubblicata a parte come avventura introduttiva, prima dell'effettiva uscita dell'intero librogame, disponibile come “demo”. L'edizione in mio possesso (di cui vedete le immagini nell'articolo) è l'Edizione Speciale, che contiene una sovraccoperta removibile, il segnalibro tracciapercorso, lo Sketchbook dei fantastici disegni di Francesco Corli, tre buste con lettere del nostro Avatar (contenuti extra) e la mappa.


"Ma se tu sei qui è perché uno dei personaggi di questa tragedia ha chiesto di immolarsi per tutti gli altri, offrendo il controllo del proprio essere a chi potesse guidarne le scelte verso un percorso diverso già scritto."

MECCANICHE DI GIOCO


Sin dalla pagina dedicata al "regolamento" che l'autore ci invita a non leggere (ma noi lo faremo lo stesso) capiamo che il libro è privo di regole, lanci di dadi e scheda del personaggio, perché non ne esiste veramente uno. Il personaggio è difatti chiamato "Avatar", una sorta di burattino cosciente e consapevole di esserlo ma soprattutto consapevole di noi lettori e giocatori, i suoi burattinai. L'Avatar non ha sesso, di modo che qualsiasi lettore possa immedesimarsi al meglio e plasmarlo come crede. Si tratta di prigioniero costretto ad un ciclo infinito di resurrezioni, a rivivere il proprio passato, le proprie morti, a osservare i suoi stessi resti, nonché l'unico in grado di determinare la Vera Fine di questo mondo perverso.

Muoveremo i suoi passi all'interno di una città decadente e corrotta, di cui ci verrà consegnata la mappa, in cui vagano le anime in pena dei racconti di Poe. Travolta da una pestilenza (la Morte Rossa), affronteremo le diverse aree di questa città e i diversi personaggi che la popolano alla ricerca delle chiavi che ci porteranno faccia a faccia con il vero e proprio sovrano, il Principe Poeta. In base alle nostre scelte e da quanto saremo in grado di preservarlo da morti superflue, l'Avatar potrà fidarsi o non fidarsi di noi, essere traumatizzato o incline al suicidio. Delle volte arriverà persino a rompere la quarta parete parlandoci in maniera diretta, condividendo con noi la sua disperazione e i suoi desideri. Sarà conscio se lo condurremo alla morte e alla rigenerazione, così come lo sarà il mondo di gioco. Il continuo morire e risorgere non crea frustrazione nel giocatore in quanto parte di un ciclo necessario per acquisire nuove consapevolezze e nuove informazioni che ci permetteranno di scoprire indizi che prima eravamo impossibilitati a trovare. Sarà dunque cruciale a volte tornare nei paragrafi già visitati, ottenendo ogni volta nuovi tasselli, una meccanica che alimenta la longevità del librogame.


L'opera, autoconclusiva, garantisce una totale immersione in un'atmosfera angosciante e cupa, suggestività aumentata da alcuni accorgimenti che la distinguono da tanti altri librigame come ad esempio il sapiente utilizzo della formattazione del testo in base all'interlocutore con il quale ci stiamo interfacciando: il grigio chiaro quanto l'Avatar si rivolge a noi, il corsivo quando invece è il Narratore a parlarci, e tipi di font diversi usati per il dialogo con ciascun personaggio principale.

Infine, sono presenti numerosi enigmi grafici, logici e numerici, alcuni perfettamente legati all’ambientazione, altri invece ne sono slegati. La difficoltà degli enigmi varia e alcuni risultano piuttosto ostici (se, come me, non siete bravissimi nella risoluzione di rompicapi!) ma Valentino Sergi ha pensato anche a questo e per far si che non ci si incagli ha inserito a fine volume tutte le soluzioni. Si possono dunque utilizzare gli aiuti ogni volta che si vuole senza che ciò influisca su un eventuale "Punteggio finale", il quale non è presente.

Illustrazione di Francesco Corli

ESPERIENZA DI GIOCO


Se non è stato già abbastanza chiaro dall'incipit della mia recensione e dalle varie lodi presentate nella sua descrizione, ho trovato questo librogame meraviglioso, ed è stato apprezzatissimo dalla community durante le dirette. Il punto di forza è sicuramente la scrittura e gli adattamenti (di un livello ancora superiore e maturo rispetto al precedente The Necronomicon Gamebook), nonché l'idea dell'Avatar e del rapporto che sviluppa con noi lettori. La meccanica di morte e resurrezione, che ricorda un po' i videogiochi "roguelike", tiene incollati al gioco senza mai provare frustrazione. Il libro offre un’esperienza diversa ed entusiasmante tanto per gli estimatori di Poe, che si troveranno a vivere tutte le tetre emozioni delle loro storie preferite, sia per gli appassionati di librogame che affronteranno un'avvicente avventura diversa dal solito. Sono certa non vi deluderà. Lascio adesso spazio alle parole di Valentino Sergi, che mi ha onorato con questa lettera. Mille volte ancora grazie.

Confessioni sull'orrore Edgar Allan Poe - The Horror Gamebook è figlio della pandemia. L'ho scritto nell'anno orribile in cui è iniziata questa tragica parentesi e rappresenta un atto di esorcismo. Ma andiamo con ordine, perché c'è tanto da dire ed è la prima volta che tento di raccontarne la genesi... Partiamo da Poe, l'autore che ho scelto per raccontare questa storia: uno dei padri fondatori del genere Horror e del giallo, un enigmista e un poeta, ma anche un uomo disperato che annegava i suoi demoni nell'alcool e nell'inchiostro. Nei suoi racconti aveva già descritto gli abissi assurdi dell'egoismo e della follia degli uomini e la Morte Rossa, così come la corte di Re Peste, rappresentano perfette allegorie di ciò in cui siamo passati nei primi momenti. Abbiamo infatti vissuto tutti un grande inganno: ci è stato detto che sarebbe andato tutto bene, mentre dei burocrati giocavano con la linguistica degli affetti (ve li ricordate i congiunti?) o la geometria delle passeggiate, per farci restare lontani tra noi, mentre l'esercito bianco dei medici e degli infermieri combatteva un nemico invisibile con le divise bucate e le mascherine contate. Io ero rimasto immobile, le prime due settimane, come tanti (troppi), a potermi preoccupare soltanto dell'orribile conta quotidiana o delle passeggiate dei vicini, mentre in radio andava in onda la locura di Sanremo che raccontava "un paese di canzonette, mentre fuori c'è la morte" o il mantra del restare a casa da parte di chi non ricordava più quante stanze aveva il proprio palazzo. La mia compagna, infermiera in terapia semintensiva, mio padre, medico di famiglia, e mia madre, divenuta sua assistente pochi mesi prima perché il lavoro di insegnante era diventato troppo ingrato, andavano tutti i giorni in prima linea, per salvarci. Erano disarmati, in pericolo, con direttive confuse o deliranti, ma non hanno mollato mai un secondo... La mia futura sposa tornava a casa dopo straordinari infiniti, con la faccia segnata e gli occhi scavati dal pianto, con la gente che le sputava letteralmente addosso, persino alcuni di quelli che aveva intubato, perché sul loro cellulare avevano letto che bastava un clistere con l'amuchina e la fine del mondo sarebbe passata. I vicini la guardavano in cagnesco per timore del contagio, o la aggredivano al ritorno, per lamentarsi della cacca del gatto o di qualche altra invenzione da isolamento, mentre io litigavo con i fornitori al telefono nel tentativo di farci almeno restituire le caparre del matrimonio che eravamo stati costretti ad annullare. E tutto questo mentre correvano i camion dell'esercito ricolmi di bare e i nostri cari si ammalavano. Quando il delirio è diventato insostenibile, mi sono seduto al tavolo con Poe e ho cominciato a farlo a pezzi, a scomporre le frasi dei suoi racconti, per costruire il mio labirinto. Lui non ha fatto resistenza e i suoi personaggi sono entrati nella nuova casa come se non aspettassero altro. Per quanto suoni un po' eccentrico dirlo, in realtà ci sono maestri del passato che resistono strenuamente al saccheggio della propria opera, ma solo quelli generosi sono immortali. Edgar è uno degli eterni. Abbiamo lavorato insieme per mesi, e io mi sono smarrito spesso nell'incubo che stavo descrivendo, ma quando ne sono uscito avevo davvero creato qualcosa di completamente diverso. Ero ispirato, è vero, i racconti del maestro americano sono assoluti, vero anche questo, ma il racconto a bivi è la proverbiale ciliegina sulla torta. Anche lì comincia tutto con un grande inganno: "il protagonista sei tu", ma non è mai stato vero. Spesso leggiamo soltanto un racconto scomposto in seconda persona e lottiamo ad ogni paragrafo per non essere sbalzati fuori con violenza dalla sospensione dell'incredulità per colpa di regole troppo complesse, tiri di dado o errori d'intreccio. In un'epoca dove il videogioco riesce a immergerci realisticamente nella schizofrenia (Hellblade) e dove un'app simula la coscienza in modo realistico (Replika), questo genere letterario mi offriva la chiave per creare davvero la mia "Storia Infinita" e trasformarla in un incubo. Ende, nel suo classico, aveva diviso i vari capitoli utilizzando due colori, il rosso e il verde, per distinguere la realtà del protagonista (Bastian, il bambino che legge) da Fantasìa, il libro dentro il libro. Solo alcuni personaggi del mondo fantastico erano consapevoli dell'esistenza di Bastian, ma lui aveva in mano la loro esistenza. Se avesse smesso di leggere, il Nulla avrebbe consumato per sempre il mondo fatato. Badate bene... lui era a sua volta un personaggio, ma su un altro piano narrativo. Io volevo ricreare quell'effetto, ma dando in mano ai lettori e alle lettrici un mondo dove i personaggi fossero consapevoli della loro presenza e coscienti della propria disperata condizione di burattini. Alcuni l'hanno accettata di buon grado, gozzovigliando in un eterno festino come Re Peste, altri sono impazziti. Solo l'avatar si concede, lasciandosi plasmare dall'immaginazione di chi legge, ma prende coscienza degli abusi subiti e può mutare la propria considerazione verso chi ne controlla le gesta [che fatica costruire per parafrasi il genere neutro nella nostra lingua, nella traduzione inglese è bastato un "It"]. E a poco serve l'abitudine a barare ignorando la sua sfiducia, scegliendo strade precluse o ritornando sui propri passi, perché il libro se ne renderà conto e v'impedirà di raggiungere la vera fine, dove sarete chiamati a compiere un gesto imprevedibile e catartico. Potremmo anche parlare dei tanti maestri che hanno influenzato questo percorso, come dello splendido lavoro di Francesco Corli, o del parto della copertina, o dell'emozione che ho provato nel giocarlo la prima volta con te su Twitch, insieme a tantissimi spettatori... ma vi ho annoiato abbastanza. Le live, però, ci tengo a dirlo, sono qualcosa di commovente e inaspettato. Grazie davvero a te e a tutto il tuo pubblico, non avete idea di quanto oggi sia importante ciò che fate. Valentino Sergi

Edgar Allan Poe: The Horror Gamebook (2021)

​Autore: Valentino Sergi

Editore: Officina Meningi

Genere: Horror

Paragrafi: 184

Meccaniche di Gioco: Storia a bivi, Parole Chiave, Enigmi, Esplorazione



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